Le erbe sconfiggono l'impotenza, i consigli dell'esperto

11 Gennaio 2016   05:00  

​Medici da quattro generazioni. Il primo fu il bisnonno, Giovanni, e faceva il generico; l’ultimo è lui, Fabrizio, specialista in urologia e andrologia. Classe 1957, docente alla Federico II, il professor Iacono si occupa di ricerca, diagnosi e cura delle malattie dell’apparato genitale maschile da oltre 30 anni. Non gli diede altra scelta il suo maestro, Tullio Lotti, quando nel 1982 lo accolse tra gli specializzandi in urologia nella scuola da lui fondata. «Dovrai occuparti di andrologia» gli disse Lotti senza mezzi termini: «È la scienza del futuro, c’è tanto da sapere e da scoprire».

Detto, fatto. Il maestro dispone e l’allievo ubbidisce. In men che non si dica Fabrizio Iacono si ritrovò dritto negli Stati Uniti. L’obiettivo? Studiare, lavorare, mettere a punto tecniche operatorie all’avanguardia, acquisire nuove tecnologie e tornare a casa. Una grande palestra quella americana che dopo qualche anno lo riportò in sala operatoria a fianco del maestro Lotti con un bagaglio di esperienza e competenza tale da farlo diventare uno dei suoi migliori collaboratori. Furono loro in quegli anni a mettere a segno i primi interventi qui a Napoli di protesi peniena, sconfiggendo tabù e paure grazie a moderne tecniche chirurgiche che riducevano tempi operatori e degenze annullando in gran parte anche le più noiose complicanze.

Un successo, insomma.
«Direi di sì. Anche perché a Napoli eravamo praticamente gli unici a fare questo tipo di chirurgia».
I più bravi?
«Questo non lo so. Quel che so è che i primi interventi di trasformazione del sesso li abbiamo fatti noi».
Transessualismo?
«Esatto. Ricordo ancora il primo paziente».
Chi era?
«Un insospettabile».
In che senso?
«Che nessuno lo avrebbe mai detto».
Chi era?
«Un uomo assolutamente normale, sposato, aveva anche dei figli. Era un ingegnere aeronautico, una vita uguale a quella di tanti altri. Peccato che un bel giorno decise che voleva diventare donna. E noi lo accontentammo».
Come andò l’intervento?
«Molto bene».
Faceste un buon lavoro?
«Ottimo a giudicare dai risultati. Ricordo che lo incontrai quattro o cinque mesi dopo l’intervento, lo vidi arrivare da lontano, non riuscivo a credere ai miei occhi».
E perché?
«Sembrava una modella. Bellissima, roba da non credere. Dell’ingegnere aeronautico che avevo conosciuto non c’era più alcuna traccia. Incredibile, non posso dimenticarlo».
Varia umanità.
«Molto varia. Ve ne racconto un’altra».
Dica.
«Era il 1983. Facemmo il primo intervento di protesi peniena a un infermiere napoletano».
Protesi?
«Un meccanismo artificiale che si impianta mediante una procedura chirurgica in pazienti che hanno un deficit erettile».
Era il caso dell’infermiere?
«Sì. Rimase talmente soddisfatto del risultato che smise di lavorare in ospedale e cominciò a girare film hard».
Sono interventi molto richiesti?
«No. Adesso no, ormai si cercano soluzioni sempre meno invasive. In ogni caso quella chirurgia per me è stata fondamentale. Mi è servita per conoscere meglio l’anatomia maschile. Pratica e conoscenza in questo mestiere sono fondamentali. Cerco sempre di spiegarlo anche ai miei allievi».
A proposito di allievi. Che consiglio dà ai giovani medici che vorrebbero scegliere la sua specializzazione?
«Quello di non intraprendere questa carriera senza una grande passione, ma grande davvero».
Questione di sacrifici?
«Tempo e sacrifici. Ti laurei e non hai concluso niente, prendi la prima specializzazione e continui a non aver concluso nulla. Dopo circa undici anni di studio finalmente cominci ad affacciarti nel mondo del lavoro. E sei a zero».
E i suoi studenti? Tutti appassionati?
«Molto motivati sicuro. Tra specializzati e specializzandi ne ho una decina particolarmente bravi di cui sentiremo parlare. Con il mio collega Giovanni Di Lauro, primario all’ospedale di Pozzuoli, puntiamo molto su di loro».
Qualche nome.
«Penso a Leo Romis, Salvatore Mordente, Antonio Ruffo, che è stato un anno a Belgrado a studiare chirurgia generale nel centro maschile più all’avanguardia del mondo. Molto in gamba anche alcuni specializzandi tra cui Giuseppe Romeo, Enrico Maisto, Antonio Russo, Marco Capece che adesso ho mandato a Londra per seguire un corso dal dottor David Ralph, uno dei primi al mondo come chirurgia maschile».
Tutti uomini i suoi studenti?
«Decisamente. È un mestiere molto maschile il nostro. Non è che la donna ne sia impedita ma è difficile che un uomo scelga una dottoressa per risolvere un problema intimo. È vero, le donne dal ginecologo invece ci vanno, ma è perché sono abituate, è così da generazioni. L’uomo no, per lui la donna andrologo sarebbe una novità. E vi dirò di più».
Che cosa?
«Il primo “medico” a cui i maschi si rivolgono è quello che trovano su internet. Hanno un problema? Corrono al computer, il confronto è anonimo, recuperano informazioni senza doversi presentare».
Figuriamoci quando poi si parla di impotenza.
«Per fortuna i media ci hanno aiutato molto».
In che modo?
«Fino a qualche tempo fa gli uomini che soffrivano di queste patologie vivevano nell’ombra. Con l’avvento della terapia orale, nel 2000, quando è uscito il viagra per intenderci, il problema si è sdoganato. La disfunzione erettile adesso si considera al pari dell’emicrania».
Addirittura?
«Certo, si può curare con una pillola e tanto basta a renderla psicologicamente meno drammatica. Il viagra ormai è diventato un farmaco mediatico, ci scherza su anche la pubblicità e tutto questo ha contribuito ad alleggerire il problema e a convincere gli uomini che andare dall’andrologo non è la fine del mondo. Senza parlare dei rimedi naturali».
Rimedi naturali?
«Certo».
Contro l’impotenza?
«Esatto».
Di che cosa parla?
«Di un prodotto che ho inventato io».
Che cos’è?
«Avete presente il Polase che si prende d’estate per combattere l’astenia? Il mio preparato è una sorta di “Polase” contro l’apatia sessuale a cui gli uomini possono andare incontro dopo i 50 anni. Un prodotto naturale che giorno dopo giorno ti riporta alla tua normalità».
A base di erbe?
«Sì. Contiene un composto brevettato che sfrutta l’azione sinergica di principi chimici contenuti in tre sostanze naturali con effetto “anti-aging” sui tessuti dell’apparato uro-genitale maschile. Un supporto non farmacologico alla funzione sessuale maschile senza effetti collaterali e senza incompatibilità».
Funziona?
«Nel 67 per cento dei casi trattati assolutamente sì. Ha avuto un grande riscontro. Adesso si vende ovunque: dalla Finlandia agli Emirati Arabi. È un prodotto molto richiesto».
Un successo, insomma.
«Sì. E devo ringraziare anche i miei studenti che ci hanno creduto dall’inizio sostenendomi con grande stima e tanta professionalità nel lungo periodo della sperimentazione».


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